AUSL: “NESSUNA CORRELAZIONE TRA LE POLMONITI DI FINE DICEMBRE CON IL COVID 19”

Non ci sarebbe alcuna correlazione tra le polmoniti tra fine dicembre e gennaio con l’esplosione dell’emergenza Covid 19. Lo rende noto l’AUSL di Piacenza attraverso una nota in cui si spiega che:

1. L’Azienda Usl di Piacenza ha eseguito una revisione degli esami radiografici e delle cartelle cliniche di tutti i pazienti con diagnosi di polmonite ricoverati negli ospedali del territorio dal 20 dicembre 2019 al 20 gennaio 2020. Durante il controllo sono emersi 215 casi, tutti valutati singolarmente, per evidenziare la presenza di eventuali segni radiologici riconducibili a polmonite da Covid19.
2. In particolare, secondo le indicazioni riportate in letteratura, la patologia Covid19 presenta un quadro clinico immediatamente riconoscibile, con i seguenti elementi distintivi:
– la presenza di addensamenti parenchimali bilaterali in sede periferica e nei campi polmonari basali, che si possono riscontrare attraverso una radiografia del torace;
– la presenza di opacità a vetro smerigliato subpleuriche o diffuse, associate o meno a consolidazioni periferiche o ad aspetti “ad acciottolato” (in termine tecnico “crazy-paving”);
– il riscontro di noduli a vetro smerigliato diffusi, a volte tondeggianti, con il “segno dell’atollo”. Entrambi questi due segni sono riscontrabili durante la valutazione con TC del torace ad alta risoluzione, senza l’utilizzo del mezzo di contrasto.

Proprio sulla base di questi criteri clinico- scientifici, la revisione sui 215 pazienti ha consentito di accertare che nessuno dei casi di polmonite di dicembre e gennaio possa essere riconducibile a Covid19.
Sulla base delle evoluzioni e delle caratteristiche clinico-laboratoristiche, la conclusione della valutazione fatta è che il numero di polmoniti riscontrato può essere imputato ad altre cause.
4. Quindi, l’ipotesi che il picco di polmoniti di dicembre e gennaio possa essere anticipatorio o predittivo della successiva esplosione del contagio da Covid19 alla fine di febbraio è da considerarsi categoricamente esclusa dalle evidenze scientifiche.

Chiarimenti da parte dell’azienda sanitaria piacentina anche riguardo i servizi giornalistici, in particolare riconducibili alla trasmissione Report, in cui si faceva riferimento alle dichiarazioni di un’infermiera della Casa di Cura Piacenza sul presunto trasferimento di un paziente in biocontenimento prima dell’esplosione del contagio da Covid19 del 21 febbraio, si rileva quanto segue.
1. A gennaio e febbraio 2020, prima dell’esplosione del contagio da Covid19, i mezzi della sistema Emergenza Urgenza 118 di Piacenza non hanno fatto alcun intervento di trasporto indossando Dispositivi di Protezione Individuale per biocontenimento per pazienti in uscita né dalla Case di Cura Piacenza né dalla Casa di Cura San’Antonino. L’affermazione dell’infermiera non trova quindi nessuna corrispondenza nei registri della Centrale operativa 118 Emilia Ovest.

Il riferimento all’anziano paziente ricoverato a partire dal 17 febbraio, a cui farebbe riferimento l’infermiera nel video di Report è, secondo l’AUSL, riconducibile a questa ricostruzione:

Si conferma che in quella data un paziente di 85 anni è stato dimesso dal reparto di Neurologia dell’ospedale di Piacenza dopo un ricovero di oltre un mese per ictus. Il malato è stato inviato alla Casa di Cura Sant’Antonino in regime di lungodegenza riabilitativa. Il 24 febbraio il paziente è stato portato in Pronto soccorso per “ripetute rimozioni volontarie del catetere vescicale con presenza ripetuta di sangue nelle urine”, ovvero con una sintomatologia per nulla riconducibile al Covid19. All’arrivo in ospedale, era in stato d’agitazione ed apirettico, quindi senza febbre. Trasferito in Medicina d’Urgenza per anemia, l’anamnesi condotta dai medici ha permesso di individuare un contatto diretto e prolungato con un familiare residente a Codogno che lo ha visitato più volte nelle giornate di ricovero. Il paziente è quindi stato sottoposto a tampone nella giornata successiva (25 febbraio).
La conclusione dell’indagine epidemiologica, condotta dal Dipartimento di Sanità pubblica dell’Ausl di Piacenza, è che il motivo di contagio sia riconducibile al contatto diretto con persona residente in “zona rossa”.

 

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