Problemi organizzativi di gestione, mancanza effettiva di confronto tra i lavoratori sulle problematiche di una doppia gestione. E’ quanto emerge dalla testimonianza di un lavoratore dipendente di una delle cooperative che gestiva i servizi all’interno della Casa per Anziani Vittorio Emanuele, dopo l’ok del consiglio comunale alla delibera di reinternalizzazione dei servizi all’interno della struttura di via Campagna finora gestita per metà dalle cooperative Aurora Domus e Coopselios e per il resto dall’Asp (azienda servizi alla persona). Una gestione mista pubblico-privato, che vedeva impegnati un’ottantina di dipendenti delle cooperative da una parte e altrettanti dipendenti pubblici dall’altra, senza che ci fossero però – come spiega la nostra fonte che preferisce la strada dell’anonimato – “reali momenti di confronto tra lavoratori delle cooperative e dipendenti pubblici sulle problematiche inerenti la doppia gestione che rimaneva, di fatto, separata”. Una vera e propria guerra fredda, consumatasi giorno dopo giorno e che ha inciso pesantemente sulla qualità della gestione dell’ospizio. “Già dal giugno 2014 – racconta il nostro testimone – ci trovammo a dover fronteggiare il problema della mancanza di materiali necessari per assistere i ricoverati. Un accordo prevedeva che dopo sessanta giorni dall’inizio della gestione delle cooperative i materiali di Asp sarebbero stati ritirati e sostituiti con altri di proprietà delle cooperative. Ma di fatto le cooperative si limitarono ad utilizzare gli ausili in uso ai degenti, ovvero le carrozzine su cui erano materialmente seduti, mentre le attrezzature di proprietà dell’ente vennero deposte in un sgabuzzino chiuso a chiave. Il problema era però quello di riuscire a gestire le esigenze dei nuovi ingressi perché non c’era margine di manovra. Faceva rabbia sapere di tanta attrezzatura chiusa a prendere polvere e per questo, in momenti di emergenza, trovavamo il modo di accedere allo sgabuzzino per recuperare il necessario”. Ad emergere è una radicale differenza di priorità nell’offerta del sevizio di assistenza: “La cooperativa puntava su un servizio essenziale, cercando di rimanere sul minimo indispensabile. Ma anche se ci sono state mancanze sul piano organizzativo, forse dovute all’assenza di una fase di passaggio di consegne, è innegabile che queste siano state aggravate dalla guerra interna con l’ente che spesso metteva i bastoni tra le ruote, anche se non conosco i motivi a monte di questa faida interna. Tra i dipendenti della cooperativa non c’erano sentori sull’ipotesi che il bando potesse non venire rinnovato, ma c’era la sensazione che le soluzioni proposte per migliorare quello che non funzionava non venissero prese in considerazione dai dirigenti della cooperativa”. Altro aspetto determinante riguardava poi la mancanza di esperienza degli stessi coordinatori assunti dalla cooperativa: “Sono stati assunti ad hoc, non erano già personale della cooperativa. E non è facile gestire una situazione inedita per persone senza esperienza specifica nel settore”.
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