Attualità

COMMEMORAZIONE TRAGEDIA DELLA PERTITE, TARASCONI: “OGGI SIAMO QUI PER OGNUNA DELLE VITTIME”

La sindaca Tarasconi, le autorità civili e religiose e Anmil hanno partecipato alla commemorazione della tragedia della Pertite avvenuta l’8 agosto del 1940, in cui perse ro la vita 47 persone e oltre 700 furono ferite dall’esplosione.

Nella Giornata dedicata al Sacrificio del Lavoro italiano nel mondo – in memoria dei 136 minatori, nostri connazionali, tra i 262 che persero la vita l’8 agosto del 1956 nei giacimenti di carbone di Marcinelle, in Belgio – non è mancato il consueto tributo floreale da parte di Anmil, il cui consigliere nazionale Bruno Galvani ha affiancato la sindaca Tarasconi e il prefetto Daniela Lupo per un momento di raccoglimento in onore di tutte le vittime del lavoro, dopo la benedizione e la preghiera affidate al cappellano militare don Pietro Campominosi. Come ogni anno, inoltre, è stato deposto un cesto di fiori da parte della sezione piacentina dell’Associazione nazionale Vittime civili di guerra nonché, al termine della cerimonia istituzionale, da parte del Comitato Amici del Parco della Pertite.

Il discorso della prima cittadina Katia Tarasconi.

C’era il sole, in quel pomeriggio d’estate del 1940 in cui il cielo di Piacenza si coprì, all’improvviso, di una densa coltre di fumo grigia e giallastra dalla quale pioveva sabbia sulle strade, sui marciapiedi, sui tetti delle case. Erano bastati pochi istanti, sanciti da boati profondi e violenti, perché due esplosioni ravvicinate sventrassero lo stabilimento della Pertite, lasciando enormi crateri al posto delle polveriere che custodivano quintali di esplosivo altamente instabile, la cui forza devastante mandò in frantumi le finestre delle abitazioni nei quartieri dell’Infrangibile e di Sant’Antonio, fulcro delle officine belliche che impiegavano, a quel tempo, circa 1500 persone.

Donne e uomini che, come recita la lapide che ne onora la memoria, “fabbricavano, per pane, strumenti di morte”. A 83 anni di distanza da quella drammatica giornata, quando la città si ritrovò a piangere 47 vittime e contare oltre 700 feriti, quella frase riecheggia toccandoci ancora una volta il cuore e chiedendoci conto, senza appello, di tutte le vite spezzate per la mancata tutela del diritto fondamentale alla sicurezza. Come era già accaduto, nel ventre della Pertite, 12 anni prima: settembre 1928, 3 persone ferite, 13 operai che non avrebbero più fatto ritorno a casa a fine turno.

Per ognuno di loro, oggi, siamo qui. Come per i 262 minatori intrappolati nei giacimenti sotterranei a Marcinelle, soffocati dal fumo e dalle fiamme: 136 erano nostri connazionali e nel loro ricordo si celebra il Sacrificio del Lavoro italiano nel mondo. Era l’8 agosto del 1956, negli anni in cui 2 mila uomini partivano ogni settimana verso le miniere del Belgio, perché quelle braccia che scavavano al buio valevano, per ciascuno, 200 kg di carbone destinati in cambio al nostro Paese.

Altri tempi, vorremmo credere. Gli accordi internazionali che misurano il valore della fatica, ma non rendono giustizia a quello della vita. Una Piacenza in cui l’economia di guerra fiorisce, a due mesi dall’annuncio di regime che aveva segnato l’entrata ufficiale dell’Italia nel conflitto, mentre la sera del 10 agosto 1940 trentanove feretri – altri otto se ne sarebbero aggiunti nei giorni successivi – ricevono l’ultimo abbraccio della folla in una città piegata dal lutto.

Eppure, a scuotere anche adesso le nostre coscienze di società civile e consapevole, ammonendoci che il nostro tempo non è poi così lontano da quello che oggi richiamiamo, sono i dati diffusi da Anmil e Inail secondo cui, tra il gennaio e il maggio di quest’anno, in Italia, si sono registrati 358 infortuni mortali: più di due ogni 24 ore. E nei primi sei mesi del 2023, nella nostra provincia, il lavoro è stato fatale per 7 persone: oltre il doppio, rispetto allo stesso periodo nel 2022.

Il pensiero corre alle loro famiglie esattamente come 83 anni orsono, quando risuonavano le sirene delle ambulanze e dei Vigili del Fuoco, giunti anche dalle città vicine, mentre fuori dai cancelli di via Emilia Pavese si assiepavano figli e fratelli, genitori e sposi. Solo nove mesi fa, in un’altra fabbrica a pochi km da qui, il cancello si è coperto di fiori bianchi: erano tutti per Nicoletta Palladini, cui oggi vorrei dedicare l’abbraccio della nostra comunità, in un ideale filo conduttore che ci riconduce alle operaie della Pertite e a tutti i loro colleghi, per ribadire ancora una volta che Piacenza non dimentica.

redazione

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