“Così hanno distrutto la Saipem” lascia poco all’immaginazione il titolo dell’inchiesta pubblicata sul nuovo numero de L’Espresso. Un resoconto dettagliato da numeri e dati, a firma dei giornalisti Faieta e Vergine, in cui si racconta come non ci sia solo il crollo del prezzo del petrolio ad avere mandato in crisi il gioiello italiano che ha appena annunciato il licenziamento di un dipendente su cinque. I nuovi manager della compagnia hanno parlato di 8800 licenziamenti; la colpa non sarebbe solo del prezzo del greggio, dunque, ma anche di alcuni contratti i cui guadagni sarebbero stati gonfiati, permettendo ai manager di incassare bonus da record. Nel pezzo non c’è alcun riferimento al sito di Cortemaggiore, già nelle scorse settimane al centro dei dibattiti anche sulle reti nazionali, per un ipotetico trasferimento della produzione in Romania, ipotesi smentita più volte dall’amministratore delegato e anche dal sottosegretario all’economia Paola de Micheli. L’inchiesta tuttavia descrive come si sarebbe arrivati alla crisi che coinvolge un gioiello industriale italiano per il cui salvataggio si ipotizza l’ingresso diretto dello Stato. La Saipem negli anni ha costruito raffinerie in giro per il mondo, impianti petrolchimici, oleodotti e gasdotti con una capacità tecnologica così sviluppata che, si legge nell’articolo “anche la Russia di Vladimir Putin ci ha messo gli occhi addosso ora che l’azienda è in crisi”. I conti economici dimostrano che la crisi è iniziata ben prima del crollo del petrolio, e le cause sono da ricercare in alcune commesse i cui margini di guadagno sarebbero stati gonfiati dagli stessi manager: L‘Espresso ne dà conto rivelando alcuni particolari inediti, come i margini di guadagno gonfiati per 200 milioni di euro in un grande appalto da realizzare in Kuwait. L’inchiesta racconta di come la multinazionale italiana sia passata da guadagnare a perdere decine di milioni di euro nel giro di un solo anno, dal 2012 al 2013, dopo che i magistrati della Procura di Milano hanno ipotizzato il pagamento di tangenti per alcuni lavori da svolgere in Algeria. Un buco che si è aperto e che da allora non ha fatto che allargarsi. A pagare di più finora sono stati gli azionisti della Saipem, che per questo hanno fatto causa all’azienda. La società continua ad essere monitorata dalla Consob. La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta contro ignoti per insider trading e aggiotaggio.
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