La risposta ufficiale della Sovrintendenza in merito ai reperti di Palazzo ex Enel è chiara: il progetto attuale di demolizione della struttura non è mai stato portato a conoscenza delle Belle Arti. Sconvolgente? Eclatante? Eppure è così. Il soprintendente Minoja non è mai stato a conoscenza dell’attuale progetto. L’unico è quello che risale al febbraio del 2009 che prevedeva la scopertura e la valorizzazione dei reperti che si trovavano (e si trovano tutt’ora) sotto una soletta di cemento. Poi la proprietà decise di fermarsi al primo piano seminterrato e tutto rimase come è oggi. Questa risposta però oggi ribalta decisamente le carte in tavola, nel senso che le associazioni firmatarie della petizione (tra cui il gruppo di ricerca Piacenza Romana e Archistorica) chiedono a gran voce una correzione. “Non entriamo nel merito del progetto – ha detto l’architetto Manrico Bissi presidente del gruppo di ricerca – ma una correzione rispetto a quello che sta avvenendo oggi, credo sia più che dovuto. Chiediamo che venga adottato un atteggiamento diverso da parte delle istituzioni, ditta esecutrice e progettista, modificato in base al parere della Sovrintendenza. Intanto – prosegue – credo si dovrebbe chiedere scusa alla città e fare un passo indietro. La situazione ci sembra risolvibile rendendo visibili i reperti che oggi sono incapsulati sotto una soletta di cemento armato. L’idea sarebbe quella di romperla in alcuni punti – spiega – e perimetrarli in modo da poterli vedere attraverso un parapetto che non prevede una accessibilità”.
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