I mosaici e i resti del Battistero paleocristiano rinvenuto nel 1857 che giacciono sotto la Colonna di Pizza Duomo, i resti della cappella di Santa Lucia e dei sepolcreti medievali rinvenuti accanto al portale di Sant’Antonino che languono sotto l’asfalto della piazza e ancora i resti dell’anfiteatro e delle mura civiche repubblicane sotto palazzo ex Enel. Sono solo alcuni esempi di “occasioni mancate” che Piacenza si è lasciata scappare per erigersi a città culturale. È la sintesi del pensiero dell’associazione culturale Archistorica e del gruppo di ricerca Piacdnzz Romana che hanno organizzato una serata sul tema “La storia sepolta. Le strategie del turismo archdologico, a Piacenza e nelle altre città d’arte italiane”. L’appuntamento è per giovedì 9 ottobre alle 21 all’auditorium della Fondazione.
Il tema è salito alla ribalta con gli scavi di palazzo ex Enel e soprattutto con i reperti che giacciono da anni “tombinati” sotto terra. “Inaccettabile – denunciano l’architetto Manrico Bissi e Cristian Boiardi di Archistorica – non siano contro al progetto di recupero del palazzo, ma chiediamo che si dia ai cittadini la possibilità di vedere un pezzo di storia di Piacenza, possibilità che oggi viene negata” . Senza risposta è rimasta anche la richiesta di una tavola rotonda con tutti gli attori che ruotano attorno alla vicenda. Una richiesta manifestata in una lettera aperta (a cui anche noi avevamo dato spazio) sottoscritta da quattro associazioni che non ha ancora ricevuto risposta da parte delle istituzioni, in primis il Comune. Archistorica e Piacenza Romana vogliomo dimostrare come altre città, che si sono trovate nella stessa condizione della nostra, abbiano utilizzato un altro criterio. Nell’incontro di giovedì 9 l’architetto Simona Velardi e Giuseppe Bulleri racconteranno l’esperienza del recupero museale della Domuns del Fanciullo sul delfino del I sec a.c.i cui resti sono stati recentemente rinvenuti e resi accessibili nei sotterranei di Palazzo Orsucci a Lucca dove si trova un ristorante. Proprio il titolare si è fatto carico del recupero. Ma non c’è solo l’esempio di Lucca, anche altre città hanno voluto recuperare e rendere visibili pezzi di storia. Perché Piacenza non ha ancora fatto nulla? Costi troppo elevati? Se così fosse, chiedono i rappresentanti di Archistorica, basterebbe sedersi ad un tavolo e quantomeno parlarne e discutere, e magari trovare anche una soluzione.