PALAZZO EX ENEL, E’ SCONTRO SUI REPERTI

Il gruppo di ricerca Piacenza Romana, l’associazione Archistorica, Italia Nostra e Fai vogliono andare in fondo a quello che sta prendendo tutti i contorni di una scontro di posizioni. Da una parte le associazioni, dall’altra amministrazione, ditta esecutrice e progettista. Due posizione opposte che si sono venute a creare a seguito della risposta della Soprintendenza che sostiene di non essere stata informata sull’attuale progetto che prevede l’abbattimento di palazzo ex Enel entro il 15 settembre e la costruzione di una nuova struttura che non contempla la valorizzazione dei reperti sottostanti. Per questo con una lettera anche Archistorica e Piacenza Romana si sono unite alla richiesta di Italia Nostra chiedendo un sopralluogo delle Belle Arti scrivendo direttamente al Soprintendente Marco Edoardo Minoja e al funzionario competente per il comune di Piacenza Daniela Patrizia Locatelli. La missiva è stata indirizzata per conoscenza anche al sindaco Dosi e al Consiglio comunale. Una richiesta di sopralluogo motivata dalla difformità di argomentazioni sostenute fino ad oggi dall’amministrazione, dalla proprietà dell’immobile, dal progettista e le informazioni della Soprintendenza stessa.

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PALAZZO EX ENEL, DIETROFRONT SUI REPERTI?

La risposta ufficiale della Sovrintendenza in merito ai reperti di Palazzo ex Enel è chiara: il progetto attuale di demolizione della struttura non è mai stato portato a conoscenza delle Belle Arti. Sconvolgente? Eclatante? Eppure è così. Il soprintendente Minoja non è mai stato a conoscenza dell’attuale progetto. L’unico è quello che risale al febbraio del 2009 che prevedeva la scopertura e la valorizzazione dei reperti che si trovavano (e si trovano tutt’ora) sotto una soletta di cemento. Poi la proprietà decise di fermarsi al primo piano seminterrato e tutto rimase come è oggi. Questa risposta però oggi ribalta decisamente le carte in tavola, nel senso che le associazioni firmatarie della petizione (tra cui il gruppo di ricerca Piacenza Romana e Archistorica) chiedono a gran voce una correzione. “Non entriamo nel merito del progetto – ha detto l’architetto Manrico Bissi presidente del gruppo di ricerca – ma una correzione rispetto a quello che sta avvenendo oggi, credo sia più che dovuto. Chiediamo che venga adottato un atteggiamento diverso da parte delle istituzioni, ditta esecutrice e progettista, modificato in base al parere della Sovrintendenza. Intanto – prosegue – credo si dovrebbe chiedere scusa alla città e fare un passo indietro. La situazione ci sembra risolvibile rendendo visibili i reperti che oggi sono incapsulati sotto una soletta di cemento armato. L’idea sarebbe quella di romperla in alcuni punti – spiega – e perimetrarli in modo da poterli vedere attraverso un parapetto che non prevede una accessibilità”.

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