SERVIZI SOCIALI: “MAI RICEVUTE SEGNALAZIONI DI COMPORTAMENTI VIOLENTI O MINACCIOSI DALLA FAMIGLIA DELLA 13ENNE”

I Servizi Sociali del Comune intervengono, con una nota, sulla tragedia che colpito Aurora e la sua famiglia, su cui gli inquirenti stanno cercando di fare luce lavorando senza sosta.

“I Servizi sociali del Comune di Piacenza conoscono da tempo la situazione dell’intero nucleo familiare di Aurora e, come da disposizioni ricevute, la tengono monitorata congiuntamente agli operatori Asl.

Da parte della madre di Aurora, i Servizi avevano raccolto alcune comunicazioni riferite al ragazzo frequentato dalla stessa figlia minore; la signora lo riteneva una compagnia non gradita e riferiva una certa difficoltà a gestirne la presenza in casa, a volte anche notturna. Tuttavia la madre della 13enne non ha segnalato ai Servizi sociali comportamenti violenti da parte del ragazzo e non ha mai comunicato di aver sporto denuncia alle Forze di Polizia.

Da parte della ragazza, per tramite dell’educatrice che periodicamente la incontrava, i Servizi sociali erano a conoscenza del rapporto con il minorenne in questione; un rapporto personale che in un’occasione è stato descritto come segnato dalla gelosia da parte del 15enne ma senza che venisse fatto riferimento a suoi comportamenti minacciosi o violenti.

Si tenga conto che gli incontri tra la ragazza e l’educatrice professionale incaricata dai Servizi sociali del Comune inizialmente si svolgevano una volta alla settimana ma nell’ultimo mese la frequenza era salita a due volte alla settimana proprio per seguire maggiormente la giovane in una fase importante della sua vita, ovvero l’inizio del primo anno di Scuole superiori.

In nessun caso, comunque, segnalazioni di comportamenti violenti o anche solo minacciosi sono state fatte ai Servizi sociali né dai familiari di Aurora né da altre persone”.

Questi sono passaggi fondamentali, in cui i Servizi ribadiscono che la situazione familiare, così come il rapporto difficile con il 15enne, erano sotto la lente, ma mai, da parte dei familiari, si sarebbe fatto riferimento a comportamenti minacciosi o violenti.

“Se tali segnalazioni fossero state fatte – si sottolinea nella nota – i Servizi sociali avrebbero di certo provveduto ad allertare le Forze dell’ordine, anche eventualmente sporgendo denuncia direttamente, come avviene di norma in caso di segnalazioni del genere e come infatti è avvenuto in numerose occasioni.

I Servizi sociali del Comune, i suoi dirigenti e i suoi operatori professionali, e naturalmente gli amministratori dell’Ente, si sono immediatamente messi a totale disposizione degli inquirenti per qualsiasi esigenza ritengano di avere nello svolgimento del proprio lavoro investigativo.

Un lavoro delicato che si spera possa far luce su un episodio che ha colpito tragicamente la famiglia e gli amici della giovane Aurora e che ha scosso nel profondo un’intera comunità. Al dolore di chi era legato alla ragazza partecipano anche gli operatori dei Servizi sociali comunali e gli educatori che con lei e con la sua famiglia avevano avuto contatti e hanno tutt’ora contatti nello svolgimento di un lavoro più complesso di quanto possa immaginare chi non ne conosce le dinamiche”

“AURORA HA CERCATO DI AGGRAPPARSI ALLA RINGHIERA, MENTRE LUI LA COLPIVA”. L’AGGHIACCIANTE ACCUSA DEL TRIBUNALE

La scena si riempie di particolari che vanno a comporre un quadro sempre più chiaro. Come se l’immagine di quanto accaduto quel venerdì mattina di autunno si facesse nitida e trasparente. Qualcuno avrebbe visto la scena e l’avrebbe raccontata agli inquirenti che stanno lavorando, senza sosta, per cercare di chiudere il cerchio.

Un testimone oculare avrebbe descritto i due ragazzini sul terrazzo del settimo piano; lei che viene spinta oltre la ringhiera e cerca, in ogni modo, di restare aggrappata alla vita, “ma il 15enne, a quel punto, l’avrebbe colpita ripetutamente alle mani con l’obiettivo di farla cadere” nel vuoto. E’ l’accusa del Tribunale. Agghiacciante. Aurora si sarebbe resa conto di quanto stava accadendo. Il ragazzo ancora nega, affermando di aver assistito inerme alla scena mentre lei si gettava nel vuoto. Questo è ciò che va ripetendo dal carcare minorile di Bologna dove si trova da lunedì.

Dall’esame autoptico emergeranno altri dettagli che potrebbero andare a rafforzare il quadro accusatorio, confermando quanto ricostruiti dagli inquirenti. In particolare, se sotto le unghie della 13enne venisse trovato DNA del ragazzo significherebbe che c’è stata una colluttazione precedente la caduta.

La madre, la sorella e le amiche non hanno mai creduto al gesto volontario; “l’ha buttata giù lui, non era pazza né depressa, è stata l’ennesima vittima di violenza”, aveva scritto la sorella maggiore sui social. La madre racconta di una relazione che la figlia voleva interrompere ma che il ragazzo cercava di recuperare in ogni modo: appostamenti, messaggi, ogni azione al limite dell’ossessione. Perché per lui Aurora era diventata un oggetto da possedere ad ogni costo, per appagarlo e farlo stare bene. Lei invece con lui aveva paura, voleva smettere di vederlo, troncare ogni rapporto, ma non ci è riuscita. Ha chiesto aiuto ma forse non è bastato. La seguiva, la strattonava in mezzo alla strada, come è accaduto poche settimane fa alla stazione degli autobus, le impediva di telefonare alle amiche, di divertirsi come una 13enne ha il sacrosanto diritto, di fare esperienze, di conoscere gente nuova. C’era solo e unicamente lui. Malato di lei.