“AURORA HA CERCATO DI AGGRAPPARSI ALLA RINGHIERA, MENTRE LUI LA COLPIVA”. L’AGGHIACCIANTE ACCUSA DEL TRIBUNALE

La scena si riempie di particolari che vanno a comporre un quadro sempre più chiaro. Come se l’immagine di quanto accaduto quel venerdì mattina di autunno si facesse nitida e trasparente. Qualcuno avrebbe visto la scena e l’avrebbe raccontata agli inquirenti che stanno lavorando, senza sosta, per cercare di chiudere il cerchio.

Un testimone oculare avrebbe descritto i due ragazzini sul terrazzo del settimo piano; lei che viene spinta oltre la ringhiera e cerca, in ogni modo, di restare aggrappata alla vita, “ma il 15enne, a quel punto, l’avrebbe colpita ripetutamente alle mani con l’obiettivo di farla cadere” nel vuoto. E’ l’accusa del Tribunale. Agghiacciante. Aurora si sarebbe resa conto di quanto stava accadendo. Il ragazzo ancora nega, affermando di aver assistito inerme alla scena mentre lei si gettava nel vuoto. Questo è ciò che va ripetendo dal carcare minorile di Bologna dove si trova da lunedì.

Dall’esame autoptico emergeranno altri dettagli che potrebbero andare a rafforzare il quadro accusatorio, confermando quanto ricostruiti dagli inquirenti. In particolare, se sotto le unghie della 13enne venisse trovato DNA del ragazzo significherebbe che c’è stata una colluttazione precedente la caduta.

La madre, la sorella e le amiche non hanno mai creduto al gesto volontario; “l’ha buttata giù lui, non era pazza né depressa, è stata l’ennesima vittima di violenza”, aveva scritto la sorella maggiore sui social. La madre racconta di una relazione che la figlia voleva interrompere ma che il ragazzo cercava di recuperare in ogni modo: appostamenti, messaggi, ogni azione al limite dell’ossessione. Perché per lui Aurora era diventata un oggetto da possedere ad ogni costo, per appagarlo e farlo stare bene. Lei invece con lui aveva paura, voleva smettere di vederlo, troncare ogni rapporto, ma non ci è riuscita. Ha chiesto aiuto ma forse non è bastato. La seguiva, la strattonava in mezzo alla strada, come è accaduto poche settimane fa alla stazione degli autobus, le impediva di telefonare alle amiche, di divertirsi come una 13enne ha il sacrosanto diritto, di fare esperienze, di conoscere gente nuova. C’era solo e unicamente lui. Malato di lei.