NEGATO IL CONSENSO PER IL CONSIGLIO CON I REVISORI DEI CONTI. OPPOSIZIONE INFURIATA

Il consiglio comunale richiesto dalla minoranza per l’audizione dei Revisori dei Conti non verrà convocato. La presidente Paola Gazzolo lo ha annunciato nel corso dell’ultima riunione dei capigruppo per la programmazione della prossima seduta di consiglio, probabilmente l’ultima prima della pausa estiva. Per questo, nelle previsioni della minoranza, sarebbe stata quella utile per ascoltare i Revisori dopo che alla Commissione 5, convocata ad hoc, si era presentato il solo Roberto Rinaldini, ormai ex componente del Collegio.

Ripercorrendo i fatti dunque, la presidente Gazzolo, facendo riferimento all’articolo 239 comma 1 del TUEL (Testo Unico degli Enti Locali), ha di fatto posto il diniego alla convocazione della seduta. Cosa recita l’articolo in questione che si riferisce proprio alle funzioni dell’organo di revisione? “L’organo di revisione svolge le seguenti funzioni: attività di collaborazione con l’organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento; pareri sulla proposta di bilancio di previsione e dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio”. 

Evidentemente la presidente, sostenuta dai consiglieri Dallanegra e Infantino, ha ravvisato che nessuna delle funzioni riportate nel regolamento rientrasse nell’oggetto della seduta richiesta dall’opposizione.

Proprio dall’opposizione è arrivata la sollecitazione a prendere visione anche del comma 2 dello stesso articolo “Al fine di garantire l’adempimento delle funzioni di cui al precedente comma, (comma 1 ndr) l’organo di revisione ha diritto di accesso agli atti e documenti dell’ente e può partecipare all’assemblea dell’organo consiliare per l’approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto di gestione”. In questo passaggio si legge che l’organo di revisione può partecipare alle assemblee di consiglio e avere l’accesso agli atti e ai documenti dell’ente.

Sempre dall’opposizione, che si dice infuriata dell’ennesimo colpo di mano, è arrivata la richiesta di mettere per iscritto le motivazioni del diniego, annunciando che questo sarà portato a livelli superiori, c’è da immaginare in Prefettura. Nel corso della capigruppo, i presenti raccontano di un clima particolarmente teso, tanto che la consigliera Sara Soresi (FdI) ha abbandonato la seduta in aperta polemica con la gestione della presidente e con le motivazione apportate per negare il consiglio comunale.

 

 

PIAZZA CITTADELLA, I CAPIGRUPPO DI MAGGIORANZA: “ILLAZIONI PESANTISSIME DA PARTE DEL CENTRO DESTRA. LA PRATCA E’ UNA SCUSA PER SCREDITARE IL COMUNE”

I capigruppo di maggioranza Fossati, Infantino, Dallanegra e Ceccarelli tornano sul consiglio comunale di lunedì, in particolare su quello che definiscono “un attacco di tale violenza, con illazioni pesantissime e accuse dirette, nei confronti dei dipendenti dell’ente comunale” riferendosi alle parole dei consiglieri di centro destra. L’abbandono dell’aula? I capigruppo di PD, Coraggiosa, Per Piacenza e Piacenza Oltre rispondono “non abbiamo certo lasciato l’aula per evitare che si arrivasse al voto su quella che è stata definita una sorta di “sfiducia” al concessionario privato e di conseguenza che si arrivasse in quella sede a decidere se dovesse o meno essere risolto il contratto di concessione. Quegli ordini del giorno sarebbero stati inammissibili, e non c’è tema di smentita su questo punto”

Ecco la nota:

Piazza Cittadella è solo una scusa. E’ la scusa per screditare il Comune di Piacenza, l’onestà dei suoi dipendenti e dei suoi amministratori, ed è la scusa per immobilizzare tutto, per frenare, per impedire che questa città vada avanti. Tutto ciò all’insegna del “Tuca gnint” per dirla con un adagio piacentino: “non toccare niente”, stare fermi immobili, in modo che non venga infastidito qualcuno, in modo che non vengano toccati misteriosi interessi, in modo che chi si lamentava continui a farlo e in modo che chi vuole vedere tutto fermo continui a rimanere soddisfatto. Una visione che, tuttavia, ha preso una batosta elettorale notevole nel 2022 contro ogni aspettativa. E chi di dovere dovrebbe farsene una ragione. Ma così non è, e oggi stiamo assistendo a qualcosa di davvero anomalo e che nulla ha a che fare con la dialettica politica.

Non era mai accaduto nella storia amministrativa di Piacenza di assistere a un attacco di tale violenza, con illazioni pesantissime e accuse dirette, nei confronti dei dipendenti dell’ente comunale. Un attacco che si basa su falsità, sulla mistificazione della realtà e ignora totalmente, in modo quasi imbarazzante, ciò che è avvenuto fino all’estate del 2022. E, per rimanere sul tema del giorno, ci riferiamo proprio alla pratica di piazza Cittadella che si basa su un contratto di concessione che risale al 2012: fino all’insediamento dell’attuale amministrazione, ovvero fino all’estate del 2022, si è battuto palla e lo dimostrano in modo inequivocabile i tempi abnormi che trascorrevano nelle interlocuzioni tra concessionario ed ente, e con il Comune di Piacenza che a un certo punto si è trovato in una condizione rischiosa. E il contratto di concessione che oggi l’opposizione vorrebbe veder stracciato all’istante, non è stato stracciato quando la stessa opposizione è stata al governo della città per cinque anni. E non si venga a parlare del Covid per l’ennesima volta: non c’entra niente. Se lo si voleva fare, lo si faceva.

La “colpa” di questa amministrazione, per l’attuale minoranza di centrodestra, pare sia quella di aver deciso che la pratica di piazza Cittadella andava sbloccata in modo serio e operativo, che si dovesse prendere una direzione chiara con un finale ancora più chiaro: o si realizza il parcheggio interrato con la riqualificazione di una piazza che oggi cade in pezzi ed è vergognosa, o si risolve il contratto di concessione (senza però che il Comune sia inadempiente) e si intraprende un’altra via da definire. Questo era ed è l’obiettivo dell’attuale amministrazione guidata dalla sindaca Katia Tarasconi, che ha anche espresso la legittima volontà politica di veder realizzato un parcheggio interrato che – a dispetto delle “verità” propinate da certi consiglieri comunali – i piacentini vogliono! E lo vogliono perché è utile, in quella zona più che mai.

Ci si è mossi, in buona sostanza; ci si è svegliati dal torpore, come è giusto che sia in una città che guarda al futuro e non si incancrenisce nell’immobilismo. Apriti oh cielo! Non sia mai che Piacenza si muova in una direzione, una qualsiasi. E ora ce la si prende non più solo con la parte politica che guida questo Comune dopo aver vinto le elezioni, ma ce la si prende con la parte tecnica, con i dirigenti, con i dipendenti, con il direttore generale che, guarda caso, non è di Piacenza, arriva da un’altra realtà e si muove in modo serio nell’ambito delle sue funzioni. Che non sono quelle del RUP della pratica di piazza Cittadella, giusto per chiarire subito un punto cruciale oggetto di menzogne ripetute, anche con riferimento all’anticorruzione, che si sono alzate dai banchi dei consiglieri del centrodestra piacentino. Sono menzogne inaccettabili. Ed è questo il motivo per il quale abbiamo deciso, come maggioranza, di abbandonare l’aula consiliare lunedì scorso. Un segnale forte? Può darsi, ma di certo chi si prende la briga di analizzare i fatti e commentarli non dovrebbe prescindere dal perché, e dovrebbe aver ben presente che non può valere tutto, nemmeno in una sede “sacra” come il Consiglio comunale. E si badi bene: non abbiamo certo lasciato l’aula per evitare che si arrivasse al voto su quella che è stata definita una sorta di “sfiducia” al concessionario privato e di conseguenza che si arrivasse in quella sede a decidere se dovesse o meno essere risolto il contratto di concessione. Quegli ordini del giorno sarebbero stati inammissibili, e non c’è tema di smentita su questo punto. Quella seduta consiliare aveva altri ordini del giorno, il dibattito era su altro e in particolare sulla tanto discussa fideiussione che si è poi rivelata falsa; questione sulla quale è stata fornita tutta la documentazione possibile. In quel Consiglio comunale non si poteva votare su una pratica che deve, e non può che essere così, valutata dagli uffici.