L’ESPRESSO SU FONDAZIONE:”HANNO SBANCATO PIACENZA”

Nel titolo c’è già tutto: Hanno sbancato Piacenza.Sul numero in edicola oggi, L’Espresso guida il lettore in una delle vicende che stanno sconquassando il quieto vivere dei piacentini. Perchè volenti o nolenti, l’affaire Fondazione sta catturando l’attenzione proprio di tutti. L’autore dell’articolo Roberto Di Caro ha intervistato tutti i personaggi che gravitano attorno all’ente, ricostruendo i fatti delle ultime settimane che hanno visto un presidente sfiduciato dal cda che lui stesso aveva scelto, l’annuncio delle dimissioni e la scelta tribolata del nuovo presidente. Ciò che viene messo più volte in evidenza è che dal 2006 ad oggi il patrimonio dell’ente si è paurosamente assottigliato tra investimenti in Gibuti, quote in Banca Monte Parma e contratti finanziari con Jp Morgan rivelatisi disastrosi. Meno soldi in cassaforte – si legge – uguale meno elargizioni sul territorio: che infatti sono crollate da 9 milioni del 2011 ai 5 e mezzo del 2013. Se si aggiunge – scrive Di Caro –  che altri 60 milioni prima investiti in obbligazioni bancarie sono stati blindati in titoli di stato con scadenza al 2044 e risultano indisponibili per un paio di generazioni, i rivoli di denaro sembrano destinati a prosciugarsi sempre di più. E mentre i finanziamenti per la vita cittadina crollano i vertici si rimpallano le responsabilità. Nel pezzo si parla di atmosfera curiale, nel senso che la geografia del potere ne è lo specchio. Dal sindaco Dosi di formazione cattolica da sempre vicino alla curia, il Presidente della Provincia Trespidi ciellino, parte di Confindustria, il grosso del volontariato, vari sindaci dei Comuni rappresentati in consiglio generale. Insomma – tira le somme l’autore – quasi tutti i fili finiscono a palazzo vescovile. Il vescovo Ambrosio replica che in Fondazione la Diocesi ha solo un seggio su 25 e che lo sforzo della Curia è quello di trovare una sintesi per il bene della collettività. Ma Francesco Scaravaggi è chiaro, così come è stato nelle ultime settimane togliendosi non pochi sassolini dalle scarpe: la proposta della presidenza gli arrivò da un laico mandato dalla Curia. I nomi del cda? Arrivarono da Diocesi, Confindustria e vigevanesi. E sul vice Beniamino Anselmi? Scaravaggi ammette: mi sono fidato, io di finanza non capisco niente. Ma venivo a sapere solo il mercoledì ciò che lui aveva fatto il martedì.  Pronta la replica di Anselmi che dice di non aver avuto alcun ruolo negli investimenti rischiosi come l’acquisto del 15 per cento di Monte Parma e di non aver mai travalicato il presidente Scaravaggi. E domani è confermato il consiglio generale quello della svolta, quello che dovrebbe portare alla nomina del nuovo presidente il notaio Massimo Toscani, sempre che gli venga confermata la maggioranza dei voti, sempre che il cda si dimetta senza ulteriori scossoni.

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CONFINDUSTRIA: MERCATO INTERNO ANCORA TROPPO DEBOLE

Nonostante in poche settimane abbiamo assistito alla chiusura della Sandvik e al fallimento della Rdb Terrecotte, qualche dato incoraggiante emerge dall’indagine congiunturale elaborata da Confindustria riferita al primo semestre del 2014 su un campione di aziende per un  totale di 9 mila addetti e un fatturato di 3 miliardi di euro. Dopo due rilevazioni negative consecutive nel 2013, il manifatturiero ha registrato un +2.48%. Un risultato frutto, da una parte, del mercato interno fermo che non va oltre lo 0.33% e, dall’altra, dell’export che tiene e arriva al 5.65%. La sfida sta proprio qui, nel rendere più solido il mercato interno perchè solo così un’azienda ha la forza di guardare all’estero. Bene il settore alimentare con un fatturato del 7.42% , segno che probabilmente le aziende piacentine stanno puntando ad Expo 2015 . Sta lentamente rialzando la testa anche il settore dei materiali edili con + 9.52%.

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LAVORATORI SANDIVIK:”CI STANNO TOGLIENDO LA SPERANZA”

La speranza di salvare il posto di lavoro sembra ormai persa. C’è una triste rassegnazione nei volti dei 57 dipendenti della Sandvik di San Polo. L’azienda ha praticamente azzerato gli ordini e le commesse una decina di giorni dopo l’annuncio della chiusura. Oggi la speranza è di poter ottenere un’offerta economica vantaggiosa per farsi da parte.

Tra loro ci sono veterani come Valerio 41 anni che lavora a San Polo da 33 anni. A novembre ha ricevuto il premio anzianità dall’amministratore delegato per l’Italia Fabrizio Resmini colui che, il 16 aprile scorso, ha annunciato la chiusura dello stabilimento. “E’ come perdere la famiglia – ci dice – a me mancano 4 anni alla pensione, devo ricollocarmi, ma come?”

Giovanni è stato assunto alla Sandvik 6 anni fa con un contratto a tempo indeterminato e la prospettiva di poter crescere professionalmente. Oggi si ritrova con due figlie di 3 e 7 anni e la moglie senza lavoro. “Sei anni fa ho lasciato una ditta che oggi va bene e io mi ritrovo praticamente senza lavoro con  due figlie piccole e un’auto da pagare”.

La prospettiva potrebbe essere il ricollocamento di alcune professionalità negli stabilimenti di Como e Trento, ma pare che i profili professionali richiesti non siano quelli di operaio.

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SANDIVIK, LA PROTESTA PUO’ ARRIVARE IN SVEZIA

Mentre a Confindustria si riuniva il tavolo di concertazione tra rappresentanze sindacali, rsu e azienda, fuori si consumava una nuova protesta. I lavoratori della Sandvik non abbassano la guardia, la posta in gioco è troppo alta, in ballo c’è il posto di lavoro. I dipendenti hanno indossato maschere con il volto di alcuni dirigenti, hanno fatto volare in cielo palloncini azzurri presentandosi con le catene ai polsi. Intanto ai piani alti si discuteva del loro futuro. Praticamente per tutti sembra certa la procedura di mobilità ma anche uno spiraglio che consiste nel ricollocamento di una decina di lavoratori in altre sedi tutt’ora operative. “Uno spiraglio più concreto rispetto ai precedenti incontri – ha dichiarato Giuseppe Ragone rsu – speriamo non si rivelino false speranze”. Per il personale restante si profila l’ipotesi di indennizzo. “L’azienda sta incominciando a prendersi le sue responsabilità, è un primo passo” ha concluso Ragone. Sta di fatto che da una settimana il lavoro è calato, le commesse sono diminuite, una condizione che ha abbassato il morale e le motivazioni dei 57 dipendenti. Nonostante ciò la protesta non si ferma, si sta pensando a due uscite una in Inghilterra, per fare fronte comune con un sito che sta vivendo un momento di difficoltà, e in Svezia sede della casa madre di Sandvik.

 

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