Il Fegato Etrusco e i Museo Civici sono arrivati ad Expo in piazzetta Piacenza insieme al nuovo allestimento proposto nei sotterranei di Palazzo Farnese. La giornata è stata animata dagli operatori dell’Associazione Arti e Pensieri che da diversi anni collabora con i musei nelle attività didattiche che ogni anno coinvolgono con successo centinaia di studenti. Sono stati presentati alcuni dei materiali (una grande riproduzione a colori del famoso reperto e sagome delle divinità etrusche ridisegnate da un fumettista) protagonisti dell’attività didattica Il Cielo sopra gli Etruschi. Un attore professionista ha incarnato i panni di un aruspice che con una copia del fegato in mano e parlando esclusivamente in etrusco, ha invitato i visitatori ad entrare in un ‘bosco sacro’ che allude a quello recentemente ricostruito nei sotterranei del museo piacentino. Anche in Piazzetta Piacenza, quindi, è stato possibile provare l’emozione di indossare gli abiti sacri dell’aruspice e interpretare i messaggi degli dei attraverso la lettura del fegato di pecore sacrificate, arrivando così a comprendere come l’ordinamento del cielo secondo gli Etruschi si riflettesse sul fegato dell’animale e quindi come, mediante la sua lettura, si potesse interpretare il volere divino. Nel caleidoscopio e sugli schermi della Piazzetta si è potuto ammirare il video con l’animazione della grande immagine grafica del Fegato e uno slideshow relativo alle attività didattiche dei Musei Civici.
PIACENZA COME INVESTE SULLA CULTURA? SE NE PARLA A TUTTO TONDO
Piacenza e la cultura, o meglio come l’amministrazione gestisce il patrimonio culturale e museale della città. Strategie, obiettivi, impegni, risultati. Ne abbiamo parlato con il sindaco Paolo Dosi partendo da tre pezzi unici: il Tondo di Botticelli, l’Ecce Homo di Antonello da Messina e il Fegato Etrusco. Tre unici di pregio che la città possiede, e questo è già un grande passo avanti. Lo step successivo è la loro divulgazione, la loro promozione, che in termini pratici si traduce nella loro capitalizzazione, per fare di queste opere d’arte e della cultura, in generale, un volano per l’economia.
La liaison tra Confcooperative e Legacoop non è una questione di leadership: l’Alleanza delle Cooperative Italiane, costituita da qualche tempo anche a Piacenza, sarebbe un matrimonio d’intenti. I numeri del comparto sono importanti a partire dagli occupati: 10.500 lavoratori in tutto, per questo Aci chiede una rappresentanza all’interno della giunta camerale. Ma all’orizzonte c’è una data importante: il 2017 quando nascerà una unica rappresentanza dei cooperatori italiani.
Non c’è innovazione se non c’è uno sguardo spiazzante rispetto alle cose, se non si è eretici e se non si ha il coraggio di percorrere strade nuove. Antonio Calabrò, giornalista e saggista, dà la sua ricetta per produrre innovazione; la stessa contenuta nel libro “La morale del tornio”. Il convegno L’innovazione dell’industria piacentina ha raccontato la storia di alcuni noti imprenditori del territorio, veri testimoni dell’innovazione.
[videojs mp4=”http://www.zero523.tv/atuttotondo/puntata26.mp4″ webm=”http://www.zero523.tv/atuttotondo/puntata26.webm” poster=”http://www.zerocinque23.com/wp-content/uploads/2015/01/logo1.jpg” preload=”auto” autoplay=”false” width=”640″ height=”360″ id=”movie-id” class=”alignleft” controls=”true” muted=”false”][/videojs]
PIACENZA E LA GESTIONE DELLA CULTURA. INTERVISTA AL SINDACO DOSI
Piacenza e la cultura, o meglio come l’amministrazione gestisce il patrimonio culturale e museale della città. Strategie, obiettivi, impegni, risultati. Ne abbiamo parlato con il sindaco Paolo Dosi partendo da tre pezzi unici: il tondo di Botticelli, l’Ecce Homo di Antonello da Messina e il Fegato Etrusco. Tre unici di pregio che la città possiede, e questo è già un grande passo avanti. Lo step successivo è la loro divulgazione, la loro promozione, che in termini pratici si traduce nella loro capitalizzazione, per fare di queste opere d’arte e della cultura, in generale, un volano per l’economia. Certamente non è facile, ne è consapevole anche il primo cittadino che ammette che “oggettivamente non si è mai riusciti a trovare una chiave di volta pur nella consapevolezza che sono eccellenze, ma manca l’omogeneità fra i tre, c’è poca analogia” E allora che fare? Si sono cercate altre modalità per la promozione e la valorizzazione di questi pezzi unici: per la Madonna col Bambino di Botticelli si è puntato sulla trasferta al museo di Tokyo, proprio in queste settimane stanno arrivando a Piacenza i turisti giapponesi che avevano visto il quadro al Bankamura Museum. Per il Fegato Etrusco si è puntato sul nuovo allestimento recentemente inaugurato, per l’Ecce Homo si è avviato il coordinamento con il Collegio Alberoni in concomitanza con l’Expo che, si spera, dia i suoi frutti. Certamente però si tratta di un percorso lungo. Riuscire a capitalizzare il patrimonio culturale significa trarne vantaggi economici e ricadute positive per la città intera. “E’ vero – risponde Dosi – ma non dobbiamo creare l’aspettativa di un rapporto causa effetto tra i costi di gestione e le entrate che arrivano dai biglietti”, riferendosi al grande divario che esiste tra i costi di gestione di Palazzo Farnese e gli ingressi. “L’unico museo in attivo, in rapporto al numero dei visitatori, sono i musei Vaticani. Altra cosa è utilizzare il patrimonio per attirare turisti il cui contributo in termini economici va nella prospettiva di portare, indirettamente, ricchezza al territorio”. Una lunga chiacchierata che ha toccato anche la galleria Ricci Oddi, sulla quale il sindaco ha le idee chiare: modificare lo statuto che risale al 1931 troppo rigido e poco chiaro e rendere la galleria pubblica. “E’ assurdo che il Comune sia l’unico sovventore di una struttura che non è pubblica. Dal 1931 è cambiato il mondo e la galleria è diventato un bene di natura pubblica.”
L’intervista completa nella prossima puntata di A Tutto Tondo
PIACENZA E I SUOI TESORI, NASCOSTI. A TUTTO TONDO
Piacenza riuscirà a levarsi di dosso quella sindrome del bassotto che le impedisce di uscire allo scoperto mostrando al mondo le sue potenzialità? Parafrasando il famoso film della Walt Disney 4 bassotti per un danese, in cui il danese si comportava come i bassotti con i quali aveva vissuto, ci siamo chiesti come Piacenza sfrutta i suoi tesori, alcuni di questi unici al mondo, quale ruolo ha la cultura e come può fruttare da un punto di vista economico. La nostra riflessione è partita da Palazzo Farnese, un gioiello al cui interno si nascondono altri gioielli, racchiusi tra le mura dei musei. Un contenitore eccezionale per la cui gestione si spendono oltre 700 mila euro e le entrate raggiungono a mala pena i 30 mila euro all’anno. Cosa manca? La cultura della cultura? Una comunicazione più efficace? Un rilancio vero? Cominciamo dal Fegato Etrusco un unicum mondiale che possiede solo Piacenza, oggi contenuto in un nuovo allestimento e in attesa di una originale implementazione.
[videojs mp4=”http://www.zero523.tv/atuttotondo/puntata24.mp4″ webm=”http://www.zero523.tv/atuttotondo/puntata24.webm” poster=”http://www.zerocinque23.com/wp-content/uploads/2015/01/logo1.jpg” preload=”auto” autoplay=”false” width=”640″ height=”360″ id=”movie-id” class=”alignleft” controls=”true” muted=”false”][/videojs]
PIACENZA E LA “SINDROME DEL BASSOTTO”
Piacenza e i suoi musei, Piacenza e le sue potenzialità, Piacenza e i suoi tesori. Tesori spesso nascosti. Abbiamo voluto riflettere sul ruolo che la cultura occupa nel nostro territorio dal punto di vista sociale ed economico, perchè grazie ad una comunicazione adeguata, che colpisce nel segno, il capitale culturale può fruttare. La nostra riflessione è partita da Palazzo Farnese, un gioiello al cui interno si contano altri gioielli, racchiusi tra le mura dei musei. Un contenitore eccezionale per la cui gestione si spendono oltre 700 mila euro all’anno e le entrate, attraverso la vendita dei biglietti, si fermano a poco meno di 30 mila euro. Una condizione, è vero, comune a tante realtà museali italiane, ad esclusione probabilmente delle grandi città. Ma Piacenza, pur nel suo piccolo, ha le potenzialità per essere grande, possiede, per capacità o per fortuna, elementi unici che la connotano nel mondo, tanto per citarne qualcuno il Tondo di Botticelli, il Fegato Etrusco e l’Ecce Homo.
L’auspicio di tanti è che Piacenza riesca a scrollarsi di dosso quella “sindrome del bassotto”, come il titolo del famoso film della Walt Disney, che la porta, nonostante abbia le potenzialità per essere di razza, a non uscire allo scoperto.
Ne abbiamo parlato con gli architetti Franz Bergonzi e Matteo Faroldi. Il servizio completo nella prossima puntata di A Tutto Tondo.
FEGATO ETRUSCO, IL DIBATTITO SI ACCENDE
Il nuovo allestimento creato intorno al Fegato Etrusco fa discutere. Noi questo lo vediamo positivamente; che si prendano posizioni su uno, per alcuni l’unico, dei simboli di Piacenza è un bene, tiene vivo il dibattito, solletica la curiosità e magari spinge anche ad una visita al museo Archeologico di Palazzo Farnese. Uno degli aspetti discussi sta proprio nella collocazione del reperto: l’architetto Matteo Faroldi in un post sul suo profilo Facebook scrive che “mantenere il Fegato nell’interrato dei Musei Civici di Palazzo Farnese – Piacenza può essere condivisibile o meno, sicuramente è una scelta museografica che implica la decisione di negare ai visitatori la possibilità di godere della bellezza plastica e della ricchezza materica e cromatica del reperto anche alla luce naturale”. Perchè non si è deciso di portare alla luce il prezioso reperto attraverso una rielaborazione, magari proprio nel cortile interno di Palazzo Farnese? L’architetto scrive: “Si è scelto di custodire il Fegato in uno scrigno del Palazzo? In una sorta di caveau che assicura e protegge il gioiello più prezioso? molto bene, allora con due ingredienti di tale importanza che si prepari una pietanza che esalti i due sapori unici al mondo. Il visitatore dovrebbe entrare già edotto e trovare solo il Fegato, in un espositore immateriale, la sala dovrebbe essere spoglia di qualsiasi cartello, cartellino, spiegazione (lo spazio per le didascalie c’è nella sala precedente): purezza dell’architettura e coinvolgimento sensoriale”. Nella seconda sala, quella cioè dove è conservato il Fegato, si trova un altro cartellone (come nella prima dove si trovano pannelli didascalici e una videoproiezione a pavimento) un espositore con all’interno una luce a led che secondo Faroldi “inquina visivamente ed interrompe lo scrutare il reperto nel girargli attorno. Sono state eliminate le vecchie zampette che sostenevano il fegato a favore di un cubetto in plexiglass che invece di sparire entra in competizione formale col il “supportato”, producendo inoltre fastidiosi riflessi e impedendo la vista del parte inferiore del Fagato. Inoltre se ci si abbassa per traguardare nel cubetto, pensando che sia stato pensato un gioco di rifrazioni, si rimane abbagliati dai led”.
Ma come è stato sottolineato più volte nel corso della conferenza stampa di presentazione, il nuovo allestimento è in fase sperimentale in attesa di una ottimizzazione. Ogni suggerimento quindi, che vada nell’ottica di una maggiore valorizzazione dell’unicum è ben accetto.
FEGATO ETRUSCO ECCO IL NUOVO ALLESTIMENTO
L’allestimento colpisce, non c’è dubbio. Il nuovo apparato creato intorno al Fegato Etrusco e’ ben riuscito, anche se sotto alcuni aspetti ottimizzabile, a detta di chi in questi mesi ha lavorato per questo nuovo allestimento. “Un piccolo passo – lo ha definito Antonella Gigli direttrice dei Musei di Palazzo Farnese – ma molto significativo”. “Ci presentiamo nel migliore dei modi con quel patrimonio fino ad ora poco valorizzato” ha detto il sindaco Dosi. “Un allestimento migliorabile – lo ha definito il Gen. Gentile presidente dell’Ente Farnese – ma molto significativo che stupisce chi osserva”. Un nuovo look, corre l’obbligo ricordarlo, a cui l’Ente Farnese ha contribuito in modo sostanziale. È’ stato modificato l’apparato didascalico attraverso la creazione di pannelli sui quali, nella prima sala vi è una presentazione più generale, nella seconda, dove sta il Fegato Etrusco, l’attenzione è portata sul pezzo e sul significato delle iscrizioni. Nella prima sala del museo archeogico sono state aggiunte componenti multimediali proiettate sul pavimento che illustrano, partendo e tornando al sole e alla luna, la storia del Fegato, delle sue iscrizioni e cosa rappresentano. Nella torretta il reperto e’ racchiuso in una teca nuova, illuminato, in via sperimentale da una luce che lo illumina sulla faccia principale, creata dal designer delle luci Davide Groppi. “Si sta valutando come e in che modo riuscire a valorizzare in modo altrettanto signitificativo la parte sotto del Fegato in modo da illuminare tutte quante le sfaccettature – ha detto Anna Maria Carini referente del Museo Archeologico – per esporre in modo suggerivo un pezzo unico al mondo, quale è il Fegato Etrusco che possiede solo Piacenza”. Detto questo noi una domanda ce la poniamo: non sarebbe stata un’ottima operazione di promozione e marketing far uscire il Fegato dalla sua collocazione originaria, ovvero la torretta nei sotterranei del Museo Archeolgico? Ovviamente non il pezzo originale, ma una riproduzione anche in chiave moderna senza svilirne il significato che esso racchiude, ma al contrario valorizzandolo. Rendere la riproduzione itinerante per la città, come avevano pensato alcuni architetti piacentini, avrebbe potuto incuriosire, attirare e portare più visitatori al pezzo originale a Palazzo Farnese.
UN MARCHIO UNICO PER PIACENZA? IL FEGATO ETRUSCO. SE NE PARLA A TUTTO TONDO
Debranding Piacenza? Perchè no. Perchè non sfoltire e alleggerire la miriade di marchi slegati tra loro che oggi rappresentano il nostro territorio, per un unico che racchiuda storia, dna di Piacenza? Expo 2015 sarebbe stata un’ottima occasione, almeno per provarci, ma ormai è tardi. La difficoltà principale di un’operazione di debranding è la scelta di un simbolo, la scelta di cosa voler comunicare attraverso grafica e testo. Qualcuno, tra cui l’architetto Franz Bergonzi, esperto di comunicazione punterebbe sul fegato etrusco, oggetto unico, quasi divinatorio e soprattutto che appartiene a Piacenza.
Un quartiere a luci rosse risolverebbe il problema della prostituzione? L’abbiamo chiesto a chi sulla strada ha venduto il proprio corpo per anni, coscientemente. Dalla strada non c’è futuro” ci è stato risposto. Per arginarla occorre dare la possibilità a chi la pratica di uscirne con progetti e misure di contrasto allo sfruttamento.
Inquinamento ed effetti sulla salute, il legame è strettissimo, quasi causa – effetto. Anche a Piacenza è nato Isde, il gruppo di medici per l’ambiente che si è posto l’obiettivo di essere interfaccia tra cittadini, politica, istituzioni ed enti. 27 medici, tra pediatri, chimici, fisici, veterinari e genetisti prenderanno parte alla decisioni che riguardano la salute dei cittadini.
[videojs mp4=”http://www.zero523.tv/atuttotondo/puntata9.mp4″ webm=”http://www.zero523.tv/atuttotondo/puntata9.webm” poster=”http://www.zerocinque23.com/wp-content/uploads/2015/01/logo1.jpg” preload=”auto” autoplay=”false” width=”640″ height=”360″ id=”movie-id” class=”alignleft” controls=”true” muted=”false”][/videojs]
DEBRANDING PIACENZA? PERCHE’ NO
Sfoltire, potare, alleggerire per arrivare a decidere cosa identifica meglio Piacenza. Nel bouquet di brand che oggi si collegano alla nostra città è difficile orientarsi e soprattutto salta all’occhio che tra questi manca un collegamento efficacie. Gli esperti di comunicazione ci insegnano che il marchio, che oggi fa più scena chiamare brand, racchiude la storia di ciò che si vuole rappresentare, attraverso una parte grafica ed una testuale. Insomma piuttosto che una ventina di marchi slegati tra di loro, sarebbe stato opportuno scegliere un valore simbolico e rappresentarlo, in una parola, debranding, come l’ha definito l’architetto Franz Bergonzi. “Il vero problema – ha detto Bergonzi – è avere un marchio forte che non sia un mercanteggiare politico, ma bipartisan. Ogni amministrazione dovrebbe passarsi questo testimone, che rappresenta la città”. Ma il brand unico costringe ad una scelta, a rappresentare un valore simbolico forte per illuminare ciò che sta sotto. Un’idea su ciò che Piacenza poteva mettere in luce, dal momento che per il buon vino, i buoni salumi e colline da favola, ahimè, non è l’unica in Italia, Bergonzi ce l’ha, quasi una fissazione dice lui, certamente molto simbolica. “Il Fegato Etrusco, celato più che custodito a Palazzo Farnese – spiega – rappresenta un simbolo unico per Piacenza, proprio del dna del territorio, è un oggetto con una forte funzione divinatoria, è nostro, ed ha una forma bellissima.” Peccato, appunto, che sia quasi nascosto nei musei di Palazzo Farnese e che ne parlino molto di più riviste straniere che italiane. Certo Expo 2015 sarebbe stata un’ottima occasione per sfoggiare il brand Piacenza, ma ormai non c’è più tempo. Stesso discorso o quasi, per quanto riguarda il merchandising,ovvero la memorabilità di un’esperienza turistica, detto in altro modo il souvenir di un tempo, la voglia di portarsi a casa un pezzetto di ciò che si è visto o visitato.”Piacenza è timida anche da questo punto di vista – ci dice l’architetto Bergonzi – il merchandising non c’è istituzionale e culturale non esiste, è un grosso peccato”
Il servizio completo nella prossima puntata di A Tutto Tondo