BARTOLO, IL MEDICO DI LAMPEDUSA: “ACCOGLIAMO PERCHE’ TUTTO QUELLO CHE ARRIVA DAL MARE NOI LE RICEVIAMO”

“Accogliamo perché siamo un popolo di mare e tutto quello che viene da lì noi lo riceviamo”. Basterebbero queste poche parole ad esprimere un concetto importante come quello dell’accoglienza. A pronunciarle un uomo che nella sua vita ha messo l’altro davanti a se stesso. Pietro Bartolo è il medico di Lampedusa, colui che dal 1991 al 2019 ha salvato oltre 350 mila persone: uomini, donne e bambini arrivati dal mare che cercano di sopravvivere.

Ha raccontato la sua storia di medico dell’isola, detta anche porta dell’Europa (come l’omonimo monumento), a Calendasco nel corso del festival Transitare organizzato dall’amministrazione comunale.

“Ho passato 30 anni della mia vita al molo di Favaloro, ho ricordi di cui mi vergogno come essere umano – ha detto – mi sono ritrovato ad essere il medico che ha eseguito il maggior numero di ispezioni cadaveriche, io che sono un ginecologo e aiuto le donne a partorire, un triste paradosso. Quante volte ho pianto, quante volte ho vomitato, quante volte mi sono sentito impotente” racconta ai numerosi presenti.

Tra i tanti ricordi occupano un posto speciale quelli che hanno le donne come protagoniste: “ricordo uno degli ultimi sbarchi del 2019, prima che diventassi europarlamentare, arrivò un barcone carico di donne, erano bellissime. Salii a bordo per verificare che non vi fossero malattie gravi (condizione che non ho mai rilevato in 30 anni), e dopo aver dato il nullaosta a scendere vedo che una ragazza se ne va in disparte, inginocchiata, a piangere. Mi racconta che era scappata dal suo paese, dopo aver subito qualunque genere di violenza, dopo essere stata messa all’asta ed essere stata venduta. Poi il carcere e la violenza di gruppo. Ma nulla l’ha fermata dal volere scappare e raggiungere l’Italia. Solo la morte mi poteva fermare – mi disse. Davanti a queste storie come facciamo a girarci dall’altra parte o a puntare il dito contro di loro?” domanda Bartolo ai presenti.

Il desiderio di raccontare queste storie lo ha portato a scrivere libri, ideare un film Fuocoammare con il regista Gianfranco Rosi premiato con l’Orso d’Oro al festival di Berlino, “il mio mare non può essere un cimitero” – si è detto – “così ho deciso anche di entrare in politica, non di scendere – precisa Bartolo – nel 2019 sono stati eletto in entrambi i collegi in cui mi sono presentato (con il Partito Democratico ndr), ho lavorato tanto con i miei colleghi ma non abbastanza, avrei voluto continuare ma nelle scorse elezioni non sono più stato eletto. Ma continuerò a lavorare con tutte le mie forze per dire ai miei nipoti che ho fatto ciò che era giusto fare”.

Tra pochi giorni, il 3 ottobre, ricorrerà l’undicesimo anniversario di una delle più imponenti stragi del Mediterraneo, il naufragio di Lampedusa dove morirono 368 persone; una catastrofe che ha portato il 3 ottobre ad essere nominata la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza. “Che siano morti così tanti bambini è immorale – ha concluso Bartolo – l’Europa deve cambiare strategie, oggi non si può più palare di emergenza, l’immigrazione è un dato di fatto, accogliere è un dovere”.

A portare la sua testimonianza, dal palco, anche Moussa, un ragazzo di 22 anni originario del Benin, in Italia da un anno, che ha trovato accoglienza a Calendasco. “Non immaginavo fosse così duro – ha spiegato – ma quando sei nel deserto non puoi tornare indietro altrimenti muori. In Italia c’è il diritto di restare, posso imparare un lavoro, avere una casa e una famiglia. Qui non c’è razzismo”.

 

 

 

MONS. AMBROSIO SUI MIGRANTI NEL MEDITERRANEO: “NON SI PUO’ RIFIUTARE IL SOCCORSO, NON E’ UMANO”

“Quando la vita è in pericolo non si può non intervenire e aiutare a uscire da una situazione di grave emergenza”. Così il vescovo di Piacenza Gianni Ambrosio ha risposto alla nostra sollecitazione in merito alla situazione che stanno subendo, da giorni, i 49 immigrati a bordo delle Sea Watch e Sea Eye nel Mediterraneo. Anche Papa Francesco, durante l’Angelus, aveva rivolto un appello accorato ai leader europei “perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di 49 persone che da parecchi giorni vivono sulle due navi nel Mediterraneo”. “Finché sarò ministro i porti saranno chiusi” ha risposto il ministro dell’Interno Salvini.

Monsignor Ambrosio, che in questi giorni si trova in ritiro spirituale, è sulla linea del Pontefice: “Non si può rifiutare il soccorso. Non è umano questo rifiuto. Occorrerà evitare per il futuro che si creino situazioni di così drammatica emergenza. A questo tutti dovrebbero cooperare”. Un appello che arriva forte e chiaro dalla chiesa piacentina, al di là delle questioni politiche, ma che ha il sapore del buon senso.

LA STORIA DI ABDINASSIR, MIGRANTE CON IL SOGNO DI VIVERE IN ITALIA

Abdinassir viene dalla Somalia. Il suo è stato davvero il viaggio della speranza. E’ arrivato a Piacenza nove mesi fa, prima a Trento per sei altri lunghi mesi. Oggi, nella nostra città, è alloggiato al Convento dei frati minori di Santa Maria di Campagna. Abdi è in attesa di conoscere se la sua richiesta di richiedente asilo verrà accettata. Nei suoi occhi si legge attesa e disincanto; laureato in ingegneria è un grande appassionato di lingua e letteratura italiana che sta studiano e approfondendo anche a Piacenza. Ma l’inizio non è stato facile: “Quando scappi dal tuo paese, sei lontano dalla tua famiglia che in parte non c’è più, non è facile. Quando alla mattina esci di casa e alla sera ritorni senza una parola di conforto da parte della gente, è una condizione molto triste. Ho sofferto la chiusura della gente”. Abdi è solo, ha perso gran parte della famiglia, gli sono rimaste la mamma e una sorella che vivono in Inghilterra con lo status di profugo. Colpisce, nonostante la difficoltà, sentir pronunciare da questo giovane somalo la parola sogno. “Il mio sogno – ci spiega – è quello di integrarmi, non solo di ricevere aiuti. Vorrei avere l’opportunità di avere e dare all’Italia, dove vorrei vivere. magari come soggetto strategico tra il mio paese di origine e il vostro paese”. La storia di Abdinassir, insieme a quella di altri migranti, è stata raccontata al convegno organizzato dalla Cgil per mettere a fuoco quali strategie Piacenza mette in campo per far fronte a questa emergenza: “la situazione è complessa – spiega il segretario della Camera del Lavoro Gianluca Zilocchi – a fronte di una buona collaborazione con la Prefettura e le istituzioni come Piacenza che si è fatta carico di un numero maggiore di migranti rispetto a quello previsto, ci sono ancora troppi comuni che girano le spalle. Sulla nostro territorio ci sono 250 profughi, basterebbero poco unità per ogni comune per risolvere, in parte, questa emergenza”. Presente anche l’assessore al Nuovo Welfare Stefano Cugini che ha accolto la proposta della Cgil: accanto ai viaggi della Memoria di potrebbero accostare i viaggi dell’emigrazione italiana, ad esempio partendo da Marcinelle.

 

 

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