“ART BONUS” L’INCENTIVO AD INVESTIRE SULLA CULTURA

Per rilanciare il turismo e la cultura bisogna incentivare prima di tutto cittadini ed enti locali. E’ il ragionamento che sta alla base del decreto legge 83 del 2014 chiamato Art Bonus. La relatrice di questo provvedimento altamente innovativo per riportare la cultura al centro del sistema è Emma Petiti, parlamentare del PD. In sostanza per le imprese e i privati cittadini che effettuino donazioni a favore della conservazione del patrimonio o per lo sviluppo di nuove iniziative culturali, si è introdotta la possibilità di fruire di un credito d’imposta al 65% per i prossimi due anni e al 50% per il 2016.

A fine luglio il provvedimento è stato approvato senza voti contrari “un salto culturale rispetto al passato – ha detto l’on. Petiti – un’inversione di tendenza. E’ un prima passo per investire seriamente sulla cultura e sul turismo”. Il decreto si base su alcuni punti fondamentali: legame più stretto tra pubblico e privato per il rilancio del paese e sinergia più profonda tra enti locali, stato centrale e Europa. Ci sono fondi europei che non vengono utilizzati “l’Unione Europea – ha riportato la parlamentare – ha detto che l’Italia non  è stata in grado di elaborare un progetto strategico per il turismo. Con Art Bonus vogliamo fare un cambio di passo”. In Italia l’incidenza del settore turismo-cultura è pari al 6,3% del Pil. “Una percentuale troppo bassa – ha spiegato – siamo partiti dallo snellimento della burocrazia che ci ha fatto perdere competitività, agevolando il rapporto pubblico privato, la digitalizzazione e il sostegno alla recettività”.

Emma Petitt

DIMISSIONI RABUFFI, UNA SCELTA POLITICA

“Il mio partito la legge in chiave politica, io da sindaco ne colgo più gli aspetti concreti e amministrativi”. E’ il pensiero del primo cittadino che riassume la vicenda legata al caso dell’uscita di Rifondazione della maggioranza e delle conseguenti dimissioni dell’assessore Luigi Rabuffi che rimarrà al suo posto fino alla fine dell’anno. Una scelta concordata tra sindaco e assessore per dare la possibilità al secondo di terminare alcune attività che sono in corso e al primo di trovare un nuovo assessore all’ambiente. Una scelta che forse gli amministratori dovranno spiegare agli elettori che tre anni fa avevano votato per la coalizione Sinistra per Piacenza, che oggi, di fatto, non esiste più. “E’ una storia che abbiamo vissuto anche con il Reggi bis; a metà mandato la maggioranza si sfilaccia, questa volta la novità è il passaggio di Rifondazione. Ho sempre cercato di distinguere l’azione amministrativa da quella politica, privilegiando da sindaco la competenza amministrativa, ma che questi due aspetti sono in forte connessione”.  Fin dall’inizio Dosi è detto disponibilissimo a ricucire lo strappo con Rifondazione, ma qualcosa è andato storto. I nodi stano arrivando al pettine, e sui temi, un tempo condivisi tra Pd e PRC, come acqua pubblica, Pertite, servizi alla persona, non c’è più una convergenza di vedute. “I tempi sono cambiati – ha detto Dosi – oggi ci troviamo ad affrontare temi completamente nuovi e a rapportarci con soggetti nuovi”. I nodi e le divergenza, insomma, vengono al pettine. I tempi sono cambiati certo, la contingenza detta altre priorità, ma il sindaco ha sempre manifestato forte apprezzamento per l’operato di Rabuffi, portacolori di Rifondazione. In questo caso lo strappo è politico. “Io amministrativamente ho fatto il possibile per recuperare il rapporto, il partito in questo caso ha esercitato un ruolo più politico nel rapporto”ha concluso il sindaco.

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RABUFFI:”LA POLITICA E’ LA VERA SCONFITTA”

“Mi prendo il diretto alla coerenza che oggi in politica pochi hanno”. A mente fredda ma con grande rammarico, Luigi Rabuffi commenta così le sue dimissioni. “Lo strappo tra la maggioranza e Rifondazione si è ufficialmente consumato e l’assessore Rabuffi ha fatto la sua scelta. L’aveva detto fin dall’inizio e la coerenza lo ha premiato. “In queste settimane ho agito come se tutto dovesse continuare, come se tutto fosse normale. Il sindaco mi ha chiesto un mese, tempo che io utilizzerò per organizzare il prossimo futuro con i miei collaboratori e con chi mi succederà”. Non sarà facile neppure per il primo cittadino che potrebbe trovarsi a dover sostituire ben due assessori; oltre Rabuffi anche Katia Tarasconi che potrebbe entrare in consiglio regionale come prima dei non eletti nel caso in cui Paola Gazzolo venisse confermata assessore. “La politica in questa partita esce sconfitta – si sfoga Rabuffi – al di là della mia delusione personale, mi sono chiesto dov’è finita la politica vera, quella che ottiene risultati con la mediazione – e affonda – adottando il renzismo allo stato puro mi chiedo come possiamo governare”. Parole che non lasciano molto spazio all’immaginazione; il PD forte dei numeri in consiglio comunale ha valutato che il sostegno di Rifondazione sarebbe stato ininfluente. Peccato però che il programma di governo sia stato firmato da tutte le forze della coalizione, Pd compreso. L’acqua pubblica, le coppie di fatto, la Pertite sono temi che al Partito Democratico non interessano più? La politica, ora, dovrà in qualche modo giustificarsi con gli elettori.

 

HA VINTO IL NON-VOTO. AFFLUENZA MAI COSI’ BASSA AL 36%

Il vero dato è 36,29%. Come ha scritto Ilvo Diamanti ieri su Repubblica gli emiliani, e anche i piacentini a quanto pare, hanno scelto il non-voto come voto. Un dato preoccupante che dovrebbe far riflettere la classe politica, forse troppo occupata a coniare slogan che a tastare il polso della gente. Anche in Emilia Romagna la tela rossa della cultura politica e del voto si è smagliata. Certo Stefano Bonaccini, candidato del PD, è il nuovo Presidente della Regione con il 48,03% ma dietro di lui il portacolori della Lega Nord Alan Fabbri con il 43,22% delle preferenze. Un risultato quest’ultimo in parte annunciato considerato il costante aumento del livello di gradimento del leader del Carroccio Matteo Salvini che ha impostato, di fatto, la campagna elettorale sulla sua figura. Venendo a Piacenza il candidato presidente di Lega e Fratelli d’Italia Alan Fabbri ha trionfato ottenendo il 47.09% delle preferenze; a seguire Stefano Bonaccini con il 37, 57% dei voti; terza Giulia Gibertoni del Movimento 5 Stelle al 9,96%. Per quanto riguarda gli eletti piacentini il PD ottiene due seggi premiando Paola Gazzolo (6003) e Gian Luigi Molinari (5820), la Lega un seggio assegnato a Matteo Rancan (4515) e uno a Fratelli d’Italia con Tommaso Foti (2222). Resta a bocca asciutta Forza Italia che sulle prima aveva sperato in Fabio Callori. Il PD è il primo partito in provincia (35,07%), ma anche qui è da segnalare l’exploit del Carroccio (28,20%).

RIFONDAZIONE COMUNISTA ESCE DALLA MAGGIORANZA

Dai ferri corti al divorzio. L’unione di maggioranza tra Sinistra per Piacenza e Pd è al capolinea. Qualche mese fa l’ipotesi era stata paventata; Rifondazione sembrava sempre più lontana dalla maggioranza, in alcune circostanze addirittura contro. L’ufficialità è arrivata attraverso un comunicato a firma di David Santi e Cesare Maggi, segretario provinciale e cittadino di PRC: Sinistra per Piacenza, formata da SEL, PRC e Comunisti Italiani ha deciso di abbandonare la maggioranza. Le ricadute di questa scelta potrebbero manifestarsi proprio sulla giunta di Palazzo Mercanti, in particolare sull’assessore Luigi Rabuffi in quota PRC. Qualche mese lo avevamo intervistato proprio su questo argomento. L’assessore all’Ambiente era stato chiaro: “se Rifondazione uscirà dalla maggioranza, mi dimetterò”. Ecco il link del servizio: http://www.zerocinque23.com/?p=795.  Si può parlare di rimpasto all’orizzonte?

Di seguito la nota di Rifondazione Comunista:

Rifondazione Comunista ritiene che non sussistano più le condizioni di una permanenza di “Sinistra per Piacenza”, la lista costituita oltre che dal P.R.C. anche dai Comunisti Italiani e da S.E.L., nella maggioranza di governo guidata dal sindaco Dosi, nonostante il grande e non rituale apprezzamento per la qualità del lavoro svolto dal proprio assessore Luigi Rabuffi.
E’ questo il giudizio espresso all’unanimità dagli organismi dirigenti del partito in sintonia con il giudizio emerso dalla consultazione degli iscritti al circolo cittadino.
Nei mesi scorsi una delegazione congiunta delle tre forze della sinistra ha palesato al sindaco e agli alleati del centro-sinistra il proprio disagio per il comportamento viziato da autosufficienza del PD che ha portato spesso quest’ultimo ad assumere decisioni non condivise. E’ stato quindi avviato un articolato percorso di verifica programmatica nella quale sono stati posti al centro i temi salienti per la sinistra di alternativa che chiedeva rispetto degli impegni assunti con l’elettorato e considerazione delle differenti sensibilità politiche rappresentate dalla sinistra. Sinistra per Piacenza ha chiesto al sindaco e al PD che l’azione di governo fosse tesa a: ripubblicizzazione del servizio idrico integrato in coerenza con l’esito referendario, riportare in capo al sistema pubblico la gestione degli asili e dei servizi alla persona oggi fortemente privatizzati,
vincolare a verde pubblico per quanto non ancora edificato nelle aree militari (parco della Pertite), chiusura definitiva dell’inceneritore alla fine del 2020, realizzazione del registro delle unioni di fatto, rappresentanza amministrativa delle comunità migranti. La risposta pervenuta è stata di totale chiusura, su nessuno dei punti succitati è stata manifestata la benché minima disponibilità. Questa situazione è frutto della svolta moderata e liberista che il “renzismo” produce anche nei territori. Per Rifondazione Comunista si conclude al comune di Piacenza un ciclo politico caratterizzato da un riformismo moderato temperato, però, anche da scelte di progressiste. Il P.R.C. nell’avanzare la propria valutazione chiede dunque che anche le altre due forze della lista di Sinistra per Piacenza, le quali hanno condiviso sino ad ora critiche e richieste di rettifica alla linea assunta dal centro-sinistra, si esprimano con coerenza per la chiusura dell’esperienza di governo della città. Per tali ragioni, nei prossimi giorni, chiederemo un confronto con P.d.C.I. e S.E.L. per condividere nel modo più unitario possibile tale orientamento e assumerne le dirette conseguenze.
David Santi segretario prov.le P.R.C.

Cesare Maggi segretario cittadino P.R.C.
rabuffi

PAOLA DE MICHELI, LETTIANA DOC, SOTTOSEGRETARIO ALL’ECONOMIA

Si infoltisce il piccolo esercito dei politici piacentini con un incarico di prestigio a Roma. E’ di stamattina la nomina di Paola De Micheli a sottosegretario all’Economia del Governo Renzi. Roberto Reggi direttore del Demanio verso cui l’amministrazione ha massima fiducia per portare a casa la partita delle aree militari e proprio ieri l’ingresso in Parlamento di Marco Bergonzi Pd, in seguito alla dimissione della Mogherini dopo la nomina ad alto rappresentante della politica estera della UE. A lui si aggiungono i veterani Pierluigi Bersani, ex segretario del PD e Maurizio Migliavacca (PD).

Tornando alla De Micheli, la sua nomina è in sostituzione di Giovanni Legnini ora vicepresidente del CSM. Lettiana di ferro, sostenitrice tenace delle posizione dell’ex segretario, oggi ha accettato il nuovo e prestigioso incarico dal Premier Renzi verso il quale non ha mancato di manifestare posizioni critiche in merito ad alcuni temi.  Proprio a proposito di questo sul web sono già stati pubblicati alcuni articoli: su L’Huffington Post si legge “Fu tra i pochissimi ad alzare i tacchi – in senso lato e figurato – e ad imboccare la porta quando la Direzione nazionale del Partito democratico votò la relazione in cui il segretario chiedeva il via libera per diventare anche premier. Con buona pace del fu vice-segretario e allora presidente del Consiglio Enrico Letta, e di quel “stai sereno” dell’ex rottamatore che a posteriori gli si è appiccicato addosso come una maledizionePerché la De Micheli è una lettiana della prima ora che si è morbidamente trasformata in una renziana della seconda ora”. Sempre più in linea con le prospettive e i progetti del governo dei Mille giorni, la De Micheli è stata ad un soffio dal ricoprire l’incarico di presidente del partito. Renzi stava vagliando l’idea di affidare l’incarico ad una donna, e il suo nome era in cima alla lista. Poi il premier-segretario optò per la candidatura di Matteo Orfini”. Nel PD c’è anche chi come il capogruppo Speranza considera questo “non un renzismo della seconda ora ma un’adesione al partito del 41%”

 

 

REGIONALI, NEL PD DOMINA LA COMPONENTE FEMMINILE

Altro che scaldare i motori, la macchina elettorale del Pd sembra già sufficientemente riscaldata in vista delle elezioni regionali. I quattro democratici in lizza, Paola Gazzolo, Alessandro Ghisoni, Gianluigi Molinari e Katia Tarasconi, hanno tutti buone chances di entrare in consiglio, per questo la partita si fa dura a colpi di frizioni e di botta risposta, che nel Partito vengono smorzati definendoli “confronti interni sereni e costruttivi”. E’ palese che si siano formate due “squadre” tra i candidati: Gazzolo-Ghisoni da una parte e Molinari-Tarasconi dall’altra. Entrambe le coppie hanno inaugurato insieme i rispettivi point elettorali, si sono fatti fotografare insieme su manifesti e cartelloni. Ma le differenze ci sono; un pò per la corrente d’appartenenza, un pò per il meccanismo elettorale che prevede la scelta fino a due preferenze, con l’alternanza uomo donna. Proprio la componente femminile sembra particolarmente agguerrita e pronta ad affrontare la sfida per conquistare un posto in Regione. Per Paola Gazzolo sarebbe un ritorno, in quanto assessore uscente, per Katia Tarasconi, assessore comunale al secondo mandato, sarebbe un nuovo ingresso. Il terreno del vivace scambio di pareri è sul ruolo di Piacenza in Regione, quanto in questi anni ha avuto e quanto è stata valorizzata. Gazzolo porta i numeri a giustificare il fatto che in questi anni la Regione c’è sempre stata anche per Piacenza, Tarasconi invece auspica un cambio di passo di renziana memoria, più risorse per fare sentire Piacenza parte di una delle regioni più floride e non la “Cenerentola” a due passi da Milano. Tutto lascia pensare ad una scoppiettante campagna elettorale.

elezioni regionali

REGIONALI, PIACENZA SI PRESENTA COSI’

In vista delle elezioni regionali del 23 novembre, Piacenza si presenta così. Il Partito Democratico presenta quattro candidati per un posto in consiglio, in Forza Italia sarà sfida a due tra il consigliere uscente Andrea Pollastri e Fabio Callori, Fratelli d’Italia punta sull’ingresso di Tommaso Foti, e nella Lega Nord il nome più illustre è quello dell’ex assessore provinciale Manuel Ghilardelli. Il Pd spera di piazzare due consiglieri, addirittura un assessore nel caso di vittoria di Stefano Bonaccini alla presidente. La favorita sarebbe Katia Tarasconi che in questi anni nel ruolo di assessore comunale si è guadagnata una larga fetta di consenso. In corsa per i democratici ci sono, oltre che Tarasconi, Paola Gazzolo, assessore regionale uscente, Alessandro Ghisoni ex sindaco di Podenzano e Gianluigi Molinari segretario provinciale del partito. Tutti personalità che hanno una buone possibilità di farcela, per questo sarà fondamentale la gestione della campagna elettorale, soprattutto nelle ultime settimane prima del voto.

Per Forza Italia sono quattro i piacentini in lista: Andrea Pollastri, consigliere uscente, Fabio Callori, vice coordinatore regionale di FI, Guendalina Cesareo consigliere comunale di Castel San Giovanni e Federica Sgorbati.

Il nome che spicca in Fratelli d’Italia è quello dell’ex parlamentare Tommaso Foti, attualmente consigliere comunale. In lista anche Giancarlo Tagliaferri, sindaco di San Giorgio, Anna Gregori, Edoarda Ghizzoni.

La Lega Nord punta su Manuel Ghilardelli, Matteo Rancan, Silvia Testa e Loredana Bossi.

Il Movimento 5 Stelle presenta quattro candidati: Roberto Accordino, Roberta Buzzini, Silvana Gnecchi e Loenardo Vecchi.

Sinistra Ecologia e Libertà ha candidato Giuseppe Mori, Roberto Bassi, Alessandra Calì, Sara Dallabora.

Per L’Altra Emilia Romagna si candidano l’ex assessore comunale Manuela Bruschini, Basilio Riga, Stefania De Micheli e Andrea Poggi.

regione emilia

PD, SPACCATURA IN VISTA DELLE REGIONALI

Iscrizioni a picco, primarie flop, minoranza in subbuglio. Il Partito Democratico, non solo piacentino, a poche settimane dalle elezioni regionali il clima non è propriamente disteso. Alle primarie per la scelta del candidato presidente alla regione, conquistate da Stefano Bonaccini, l’affluenza è stata de record, in senso negativo, mai così bassa negli ultimi anni. Le tessere degli iscritti sono calate paurosamente, tanto che l’ex segretario Bersani ha messo in guardia l’attuale classe dirigente del partito dal rischio di un collasso. A livello locale ha preso ufficialmente il via la campagna elettorale in vista del 23 novembre. Dopo il ritiro dalla competizione di Elisabetta Rapetti, sono rimasti in pista per entrare in consiglio regionale, senza bisogno delle “primariette”, Paola Gazzolo già assessore regionale, Katia Tarasconi, Alessandro Ghisoni e Gianluigi Molinari. Proprio sulle scelte dell’attuale segretario provinciale si sta consumando la frattura interna. Molinari infatti ha deciso di non autosospendersi nel corso della campagna elettorale e neppure di optare per l’ordine alfabetico dei candidati, sarà il segretario a guidare il gruppo dei piacentini. Due decisioni che hanno fatto infuriare la minoranza del partito. Molinari si autosospenderà solo dalle attività pubbliche che riguardano le elezioni regionali e il suo nome sarà a capo della lista. La maggioranza difende le scelte del segretario: è giusto che guidi, anche in questa circostanza, il gruppo piacentino. Accuse pretestuose che riportano a galla vecchi livori e vecchi rancori da parte di chi, fino a poco tempo fa, era la maggioranza del partito? Alla fine il risultato è lo specchio del quadro nazionale: una evidente divisione interna.

Molinari Pd

PD, CALANO GLI ISCRITTI. DURA LA REAZIONE DI BERSANI

Il Pd ha fatto flop non solo per le primarie in Emilia Romagna ma anche per la campagna tesseramenti. Dai dati resi noti da Repubblica risultano persi in un anno circa 400 mila iscritti. E se il vice segretario Lorenzo Guerini twitta che “sarebbe bello non diffondere dati a caso”, l’ex numero uno del Pd Pierluigi Bersani ha una reazione ben più dura: “Un partito fatto solo di elettori e non più di iscritti, non è più un partito. Lo statuto dice che il Pd è un partito di iscritti e di elettori. Ovviamente – dice Bersani  – se diventasse solo un partito di elettori diventerebbe un’altra cosa… Uno spazio politico e non un soggetto politico. Ma non siamo a questo e – assicura – non finiremo lì”. Nel Partito Democratico negano che questi siano segnali di crisi: l’obiettivo è superare i 300mila iscritti dicono, stima che comunque sarebbe inferiore a quella dello scorso anno, quando le tessere del Pd erano quasi 540 mila . Per il partito il calo è dovuto all’impegno dei circoli per la campagna elettorale europea che ha messo in secondo piano l’attività ordinaria. Sarà, nel frattempo però i segnali tra l’affluenza flop in Emilia Romagna e il calo degli iscritti sono un dato di fatto che impongono al Pd una riflessione.