Sono arrivati a Piacenza da Napoli, Bari, Caserta, Verona. In 500 hanno sfilato in corteo per chiedere chiarezza su un futuro lavorativo che sembra appeso ad un filo. Un filo sottile che rischia di spezzarsi per la seconda volta, come accadde nel 2011 dopo l’esplosione della crisi del mattone che Rdb pagò pesantemente. Ma da quella brutta situazione il gruppo, che ha stabilimenti in tutta Italia, uscì dignitosamente dopo una lunga trattativa con il piano di amministrazione straordinaria gestito dai commissari. In un paio d’anni la macchina è lentamente ripartita, si parlava di rilancio aziendale, passando dal blocco delle attività alla ricostruzione di una rete di vendita che ha permesso di acquisire 22 milioni di euro in ordini. Oggi quella macchina, un tempo fiore all’occhiello del settore edile e orgoglio nazionale, ha subito una brusca battuta d’arresto; dietro si nasconde lo spettro di una vendita o meglio di una svendita del marchio storico. Il Ministero della Sviluppo Economico, a maggio, aveva espresso parere favorevole ad una richiesta di proroga del programma di amministrazione straordinaria che però, ad oggi, non è stata concessa. Sindacati e lavoratori, insieme alle istituzioni allo sciopero ha partecipato anche l’onorevole De Micheli in rappresentanza del governo, hanno chiesto al prefetto che si faccia tramite per la proroga del piano di amministrazione straordinario e la riapertura del bando per la selezione di altri soggetti o imprenditori intenzionati a rilevare il marchio per proseguire l’attività e mantenere i posti di lavoro.
SINDACATI: “IL COMUNE INTERVENGA SULLA FONDAZIONE”
I sindacati piacentini si espongono in modo unitario sulla situazione della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Lo fanno attraverso una nota nella quale chiedono al Comune di intervenire urgentemente per un rapido rilancio di tutti gli organismi di governance dell’ente e di promuovere un confronto pubblico aperto alla città. Proprio a conferma di questo, secondo i rappresentati di Cgil Cisl e Uil, non si deve fare “tabula rasa” o dare un colpo di spugna rispetto a quanto accaduto, ma al contrario parlarne perchè tutto venga a galla. Solo così, forse a fatica, si riuscirà a girare pagina.
Di seguito la nota integrale dei sindacati:
La Carta delle Fondazioni, approvata nel 2012 della Assemblea dell’Acri, apre con le seguente affermazione: “Le Fondazioni rappresentano un bene originario nelle comunità locali e realizzano in responsabile autonomia i propri scopi istituzionali, secondo le proprie determinazioni, operando prevalentemente nell’ambito dei territori da cui hanno avuto origine”. Anche in nome di questa autonomia le organizzazioni sindacali in questi anni hanno seguito con attenzione le vicende della Fondazione di Piacenza e Vigevano, chiedendo che essa esercitasse un ruolo più attivo per la valorizzazione del territorio, evitando però intromissioni nell’attività. Pensando però agli ultimi sviluppi divenuti di dominio pubblico, vengono i brividi a vedere la distanza con lo spirito che ne dovrebbe informare l’operato, ed è impossibile non intervenire a tutela dell’integrità di questo particolare “bene originario”, uno dei pochi che sono rimasti in un territorio sempre più fragile e debole da un punto di vista socio economico. Poiché la Fondazione non è patrimonio privato di chi siede in Palazzo Rota Pisaroni, in primo luogo appare necessaria una radicale “operazione verità” che informi con precisione le comunità stesse (Piacenza e Vigevano) sulla effettiva, residuale, consistenza del patrimonio della Fondazione. Per renderla possibile, sarebbe utile che tutte le personalità coinvolte nella sua gestione facessero un passo indietro, a partire dallo stesso Consiglio di Amministrazione che non sembra avere la lucidità nè di controllare l’operato della Fondazione nè di assicurarne una solida leadership. Tutte le istituzioni che sottendono la Fondazione si attivino per trovare una soluzione di netta discontinuità con qualunque passato (l’insuccesso conclamato e le gravi perdite per l’Istituto e per Piacenza nessuno le può negare) che alla cittadinanza assicuri competenza e visione strategica. Sarebbe poi opportuno che la comunità venisse messa in grado di capire che cosa è successo, al di là di uno sterile ping-pong di accuse e controaccuse, in particolare da coloro che non più tardi di un anno fa hanno votato la fiducia al Presidente e che ora la ritirano proprio nel momento in cui il Presidente chiede un cambio di passo. Quindi non si tratta di fare “tabula rasa”, di dare un colpo di spugna, anzi questo ci appare proprio il momento di approfondire, di uscire dal generico e, parlando di quanto è avvenuto negli ultimi anni, proporremmo di iniziare a valutare il valore dell’impatto economico e sociale dei singoli interventi. Forse così sarà possibile una nuova fase, davvero più trasparente dell’attuale. La Fondazione è troppo importante per essere lasciata a sé stessa e alle lotte intestine che vi si sono sviluppate. Nel marasma conclamato, Comune, Diocesi, università… colgano finalmente l’occasione per riflettere meglio su quale debba essere il ruolo della Fondazione: munifica elargitrice di contributi a una ampia platea di beneficiari non sempre interessati alla qualità e al senso degli investimenti che essa compie o non piuttosto attrice consapevole del benessere collettivo, anch’essa quindi impegnata in prima linea nel contrasto di quella crisi economica per cui sono sempre più indispensabili interventi sul fronte del lavoro, del sistema di welfare, delle relazioni familiari e comunitarie, dei sistemi turistici e culturali. Per dare un segnale concreto chiediamo al Comune di Piacenza di intervenire urgentemente per un rapido rilancio di tutti gli organismi di governance della Fondazione e di promuovere un confronto pubblico con la cittadinanza sull’operato della stessa e sul suo futuro; questo affinché la Fondazione torni ad essere “bene originario della nostra comunità“.
Per CGIL CISL UIL Zilocchi Molinari Borotti